Coldiretti detta “lista nera” alimenti più contaminati

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sicurezza alimentareIn occasione della mobilitazione promossa da Coldiretti che ha visto la partecipazione di migliaia di agricoltori italiani scesi in piazza a difesa della dieta mediterranea e contro le speculazioni low cost, è stata presentata, al Palabarbuto di Napoli, la “Black list dei cibi più contaminati” realizzata sulla base delle analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel rapporto 2015 sui residui dei fitosanitari in Europa. Nella ‘lista nera’ svetta la Cina con i broccoli che con il prezzemolo del Vietnam e il basilico dell’India conquista il podio dei cibi più contaminati: ma c’è molto altro da sapere. L’agricoltura italiana, in ogni caso, è al vertice della sicurezza alimentare mondiale, vantando il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari.

I primati più allarmanti
Il primato va ai broccoli cinesi con la quasi totalità dei campioni risultati irregolari (il 92%) per la presenza di residui chimici. A seguire, nella speciale classifica, c’è il prezzemolo del Vietnam con il 78% di irregolarità rilevate e il basilico dall’India, fuori norma in ben sei casi su dieci. La conquista della vetta della classifica da parte della Cina non è un caso poiché il gigante asiatico anche nel 2015 ha conquistato il primato dell’Ue nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge. Su un totale di 2967 allarmi per irregolarità segnalate in Europa, ben 386 (il 15%) – precisa la Coldiretti – hanno riguardato il gigante asiatico che in Italia nello stesso anno ha praticamente quintuplicato (+379%) le esportazioni di concentrato di pomodoro che hanno raggiunto circa 67 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente. Se nella maggioranza dei broccoli cinesi è stata trovata la presenza in eccesso di Acetamiprid, Chlorfenapyr, Carbendazim, Flusilazole e Pyridaben, nel prezzemolo vietnamita – sottolinea la Coldiretti – i problemi derivano da sostanze come Chlorpyrifos, Profenofos, Hexaconazole, Phentoate, Flubendiamide mentre il basilico indiano contiene Carbendazim che è vietato in Italia perché ritenuto cancerogeno.

Nella classifica dei prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono però anche le melagrane dall’Egitto che superano i limiti in un caso su tre (33%), ma fuori norma dal Paese africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni sull’importazione concesse dall’Unione Europea. Con una presenza di residui chimici irregolari del 21% i pericoli – continua la Coldiretti – vengono anche dal peperoncino della Thailandia e dai piselli del Kenia contaminati in un caso su dieci. I problemi riguardano anche la frutta dal Sud America come i meloni e i cocomeri importati dalla Repubblica Dominicana che sono fuori norma nel 14% dei casi per l’impiego di Spinosad e Cypermethrin. E’ risultato irregolare – sottolinea la Coldiretti – il 15% della menta del Marocco, un altro Paese a cui sono state concesse agevolazioni dall’Unione Europea per l’esportazione di arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva e pomodori da mensa che hanno messo in ginocchio le produzioni nazionali. L’accordo con il Marocco – precisa – è fortemente contestato dai produttori agricoli proprio perché’ nel Paese africano è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa.

L’agricoltura italiana – conclude Coldiretti – è la più green d’Europa con 281 prodotti a Denominazione di origine protetta (Dop) e ad Indicazione geografica protetta (Igp) , il divieto all’utilizzo degli Organismi geneticamente modificati (Ogm) e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%).

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