Focus/ Caffè sì o no? Quando fa bene e quando fa male

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Compagno fidato delle giornate di lavoro più intenso, ma anche “scusa” per fare una piccola pausa e staccarsi dalla scrivania. Il caffè ci accompagna in molti momenti della nostra vita e non per forza tutti stressanti. Eppure, un suo consumo eccessivo può causare effetti indesiderati, a partire dall’insonnia: “La caffeina è una metilxantina che provoca effetti a livello del sistema nervoso centrale, quindi stimola la concentrazione, diminuendo il senso di affaticamento ed aumentandone l’attenzione”, spiega il nutrizionista Pierluigi Pecoraro. Nella pratica “produce uno stato di veglia, allontana la necessità di riposo, provoca una certa stimolazione mentale; stimola anche il miocardio nella sua funzione contrattile e conseguentemente aumenta la gittata cardiaca; inoltre ha un’azione diuretica, stimola la secrezione gastrica ed esercita anche un’azione stimolante sul sistema nervoso centrale, sul cuore, sui muscoli striati e sul rene”.

Ma quanti caffè possiamo assumere al giorno?
I primi campanelli d’allarme, o almeno quelli più riconoscibili, per l’eccessivo consumo di caffè sono quindi insonnia, agitazione, visite più frequenti al bagno. “Dati presenti in letteratura dimostrano che un buon caffè non ha mai portato nessuno problema – precisa l’esperto – Tuttavia, se assunta in dosi elevate, questa bevanda non è del tutto priva di effetti collaterali. Pur con le dovute eccezioni, sono raccomandabili dosi inferiori a cinque tazzine al giorno”.

L’alimentazione fa la differenza
Occorre tenere in considerazione l’effetto sinergico e cumulativo dei vari alimenti e anche il contributo di alcuni farmaci a base di caffeina. “Nei bambini in linea di massima la dose quotidiana di caffeina non dovrebbe superare i 100 mg al dì, limite facilmente valicabile con una bevanda tipo cola e con un pezzo di cioccolato fondente – nota il nutrizionista – In gravidanza è invece buona regola limitare al massimo il consumo di caffè, in quanto alte dosi di caffeina risultano pericolose per la salute del feto”.

Gli effetti benefici
Tra gli effetti della caffeina, lo stimolo della secrezione gastrica e di quella biliare: “Ecco perché si ritiene che un caffè a fine pasto faciliti la digestione”, aggiunge Pecoraro. Da annoverare poi l’effetto tonico e stimolatorio sulla funzionalità cardiaca e nervosa: “Ecco perché molte persone ne apprezzano l’effetto energetico, utile tra l’altro per non abbioccarsi in seguito ad un abbondante pasto”, chiosa l’esperto. Infine, l’effetto lipolitico, cioè quello che favorisce il dimagrimento: “La caffeina stimola l’utilizzo dei grassi a scopo energetico e la termogenesi, aumentando la quantità di calorie bruciate dalla ‘macchina uomo’”, sintetizza Pecoraro. A questo si aggiunge l’effetto anoressizzante: “Il caffè assunto in dosi massicce diminuisce l’appetito”.

E che dire del ‘deca’?
“Per legge, il caffè decaffeinato deve contenere meno dello 0,1% di caffeina, vale a dire circa 3 mg a tazzina, contro i 75 mg contenuti in un espresso della varietà Arabica (povera di caffeina per natura), i circa 100 mg forniti da una tazzina di miscela Robusta e i ben 150 mg di un caffè lungo in tazza. Il decaffeinato pare quindi ridurre il senso di agitazione. In generale, come in tutte le cose, quello che fa la differenza è la quantità che viene assunta che, come per il caffè classico, non dovrebbe mai superare le 3-4 tazze al giorno”, conclude Pecoraro.

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