La salute mentale ai tempi del coronavirus. Gli studi in Italia

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Valutare l’impatto psicologico di questa situazione non è semplice, sono in gioco molti fattori che possono compromettere la salute mentale. Esiste una minaccia concreta, di malattia, che di per sé spaventa ed è fonte di ansia. Ci sono poi tutte le conseguenze delle misure che sono state adottate per il contenimento del virus. L’isolamento, la distanza sociale, l’alterazione delle abitudini quotidiane e del ritmo lavorativo possono essere destabilizzanti. L’interruzione momentanea o la perdita del lavoro sono fattori di rischio per ansia, depressione e autolesionismo e la quarantena può portare a irritabilità e insonnia. Come se non bastasse, il bombardamento mediatico non aiuta. La sovrabbondanza di informazioni false, inaccurate, contraddittorie tra loro, aumenta l’incertezza e la tensione.

Gli autori di un articolo recentemente pubblicato sulla rivista The Lancet ricordano come l’epidemia di Sars del 2003 è stata associata ad un aumento del suicidio del 30% nelle persone di età pari o superiore ai 65 anni. Circa il 50% dei pazienti guariti dalla polmonite ha continuato a soffrire d’ansia e il 29% degli operatori sanitari coinvolti ha sperimentato disagio emotivo.

Si può supporre che l’emergenza sanitaria attuale avrà ripercussioni di una certa entità sulla salute e sul benessere mentale, a breve e a lungo termine. Quali? Di quale portata? È  importante valutarlo per poter intervenire in modo preventivo, precoce ed efficace, senza far passare sotto silenzio, come spesso accade, tutti i problemi inerenti alla sfera psicologica. Sono già stati condotti e sono in corso diversi studi per avere un’idea dell’impatto psicologico dell’emergenza. I primi naturalmente provengono Cina che, prima di tutti, ha sperimentato la diffusione del virus e le misure di contenimento.

Da un sondaggio, condotto in Cina, a cui hanno risposto 1.210 persone sono emersi dei tassi di ansia e depressione piuttosto elevati (rispettivamente del 30 e del 17%), inoltre quasi il 35% di 50.000 persone, intervistate nell’ambito di un’inchiesta condotta a livello nazionale, ha riferito sintomi di sofferenza correlati al trauma.

Anche l’Italia, primo Paese in Europa profondamente colpito dall’epidemia, è stato condotto un primo studio, esteso, e altri sono in corso. La ricerca pubblicata sulla rivista medRxiv il 14 aprile, è stata condotta dall’Università dell’Aquila e Territori aperti, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata. I ricercatori hanno proposto un questionario Online a cui, in poco più di una settimana, hanno risposto oltre 18.000 persone. “I risultati ottenuti sono quelli che ci aspettavamo, osserviamo elevati tassi di prevalenza di alcuni disturbi, come ansia depressione e insonnia”, ha spiegato il dottor Rodolfo Rossi, assegnista di ricerca all’Università Tor Vergata di Roma e primo autore dello studio.

È emerso infatti che il 37% degli intervistati presenta sintomi da stress post traumatico, il 17% sintomi depressivi, il 20% ansia severa, il 7% insonnia e il 21% stress. “Un altro aspetto importante dello studio sono i fattori di rischio”, ha precisato Rossi: “La probabilità di soffrire di questi sintomi riguarda sopratutto le donne, i giovani, le persone che hanno perso un caro a causa del Covid o che sono state contagiate, così come le persone che hanno perso o momentaneamente interrotto il loro lavoro a causa dell’epidemia, mentre chi lavora troppo è a rischio di stress o insonnia”. La quarantena, per le persone attualmente affette da Covid è associata a sintomi da stress post traumatico e ansia.

I risultati sono interessanti, nonostante i limiti che impone uno studio basato su un questionario online. Naturalmente non permette di effettuare diagnosi, di ansia, depressione o altro, poiché i partecipanti non incontrano uno specialista e si verifica il così detto bias di autoselezione. Coloro che rispondono non sono rappresentativi della popolazione italiana: si può immaginare che siano persone più disposte e abituate a parlare della propria sfera emotiva e psicologica, e questo potrebbe spiegare perché il quasi 80% degli intervistati sono donne.

Di certo le persone che erano affette da disturbi mentali prima della crisi rischiano un peggioramento delle proprie condizioni: “quando ci sono due fattori di rischio, in questo caso disturbo mentale pregresso a cui si aggiunge l’isolamento, questi possono sommarsi o moltiplicarsi”.

Un aspetto importante che i ricercatori analizzeranno è il rischio di comportamenti autolesionisti e di suicidio, così come l’abuso di alcol e droghe. Verrà poi pubblicato a breve uno studio “gemello”, condotto su 2.500 operatori sanitari. “I risultati in questo caso sono molto più preoccupanti”, ha anticipato Rossi.

Oltre a questo studio, che è ancora in corso, il questionario è disponibile online, ne sono stati lanciati altri, per valutare l’impatto della pandemia da Covid-19 e della quarantena sulla salute mentale della popolazione italiana, come quello condotto da 10 centri universitari in tutta Italia e dall’Istituto Superiore di Sanità. Anche in questo caso, il questionario proposto è attualmente online e ha coinvolto fin ora circa 20.000 persone. I risultati saranno analizzati nei prossimi mesi: “verranno valutate numerose aree del funzionamento psicosociale, tra cui la presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo, ossessivo-compulsivo e post-traumatico da stress”, ha spiegato Andrea Fiorillo, Professore Ordinario all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

In particolare, i diversi centri analizzeranno l’impatto della quarantena sul rischio di suicidio, l’impatto delle misure di distanziamento sociale sullo sviluppo della sintomatologia ossessivo-compulsiva, l’uso disfunzionale di Internet e dei social media nel corso della pandemia.

“Non è questo l’evento che ci sta facendo scoprire che intorno alla salute mentale c’è stigma, c’è vergogna, i malati psichiatrici veri sono considerati gli ultimi degli ultimi di tutte le società”, ha commentato Rossi. Bisognerebbe parlare di più di salute mentale, portare avanti delle campagne contro lo stigma e iniziative volte ad informare, a raccontare cos’è la psichiatria. Questo difficile momento offre comunque l’opportunità di far progredire la nostra comprensione di come fornire un servizio di pronto soccorso psicologico incentrato sulla prevenzione, a livello di popolazione.

Si potrebbe “potenziare la rete dei servizi psichiatrici territoriali e creare dei percorsi d’accesso percorribili. Questa esperienza ci insegna che dovremmo implementare ciò che già abbiamo a disposizione  e sviluppare i servizi di psichiatria telematica, come le visite via Skype”, ha aggiunto Rossi.

Le priorità di ricerca immediate sono di monitorare e riportare i tassi di ansia, depressione, autolesionismo, suicidio e altri problemi di salute mentale sia per comprendere i meccanismi sia, soprattutto, per intervenire precocemente e prevenire.

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