Sarà il gusto “grasso” il VI dei gusti primari?

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shutterstock_175012028Come tutti sanno, il gusto è uno dei sensi, i cui recettori sono presenti nelle papille gustative della lingua, nel palato molle, nella faringe, all’interno delle guance e nell’epiglottide.

Il gusto dipende dalla percezione sinergica (azione coordinata di più fattori che si potenziano tra di loro) di cinque gusti fondamentali
(o primari): amaro, aspro, dolce, salato e umami (dal giapponese “saporito”); ma alcune recenti ricerche suggeriscono l’esistenza di
un sesto e forse anche di un settimo gusto fondamentale associati al “fritto” e al “grasso”.

Questo è quanto, in sostanza, si discute in una revisione pubblicata sulla rivista Flavour  realizzata da due ricercatori del Sensory Science Group, School of Exercise and Nutrition Sciences, presso il Centre for Physical Activity and Nutrition – (Deakin University, Australia).

Nella ricerca scientifica il gusto “grasso” rappresenta, oggi, un’area di crescente interesse, in particolare per la ricerca in campo nutrizionale, poiché potrebbe essere legato a un maggior consumo di cibi grassi. Gli acidi grassi, in essi contenuti, sarebbero di fatto, i primi responsabili degli stimoli per il gusto  “grasso” che gli esseri umani sono in grado di percepire a livello della bocca.

Sembra ormai accertato,  da diverse ricerche, che ci sia una risposta coordinata del corpo agli acidi grassi in tutto il “canale alimentare”; così coloro che sono insensibili oralmente sono anche insensibili nel tratto gastrointestinale e consumano cibi grassi ed energia in eccesso.

In questo contesto, secondo altri studi, l’assunzione e la regolazione dei grassi alimentari è considerata particolarmente importante per lo sviluppo di sovrappeso e obesità, data la loro elevata densità energetica e appetibilità, accanto alla loro capacità di promuovere l’assunzione di energia in eccesso in quanto meno sazianti di altri principi nutrivi contenuti negli alimenti di largo consumo, come per esempio le proteine. Il controllo dell’assunzione dei cibi grassi nelle persone obese appare, dunque, particolarmente problematico.

In ogni caso, per essere dichiarato come gusto primario, al pari degli altri cinque già confermati, il gusto “grasso” deve stimolare specifici recettori presenti  nel tratto alimentare (a partire dalla bocca) e una volta che i recettori sono attivati ​​dagli acidi grassi, inizia una catena di segnali che portano al rilascio di neurotrasmettitori che trasmettono tali segnali al cervello nelle zone di recezione del gusto e nei centri della fame e della sazietà, così da regolare l’assunzione di cibo.

Ebbene secondo gli studi più recenti i recettori del gusto “grasso” sono stati precisamente individuati ed è stato inoltre stabilito che l’esposizione orale al gusto grasso, con finti pasti usati come test, favorisce l’aumento delle concentrazioni degli acidi grassi totali nel sangue degli esseri umani.

Dalle evidenze emergenti, dunque, è coerente che il “grasso” possa essere considerato il sesto gusto primario, ma sono necessarie ulteriori ricerche a conferma. In questa direzione si potranno anche chiarire nuovi meccanismi che portano le persone obese a mangiare più cibi grassi.

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