Oncoestetica e tumore ovarico: sentirsi belle nel proprio corpo che cambia

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A seguito dei trattamenti chemioterapici, le donne con tumore ovarico possono incorrere in una serie di condizioni che vanno da una maggiore sensibilità della pelle alle infezioni, la neuropatia e l’alopecia. Il quinto incontro di Unica vivere con il tumore ovarico, è dedicato all’oncoestetica, quindi a tutti gli interventi che supportano le pazienti nel percorso di cura aiutandole ad alleviare queste condizioni e a sentirsi meglio nel proprio corpo.

Intervengono Giovanna Bianca, paziente e membro di Acto Sicilia, la dottoressa Elisa Picardo, ginecologa all’ospedale Sant’Anna di Torino e Presidente di Acto Piemonte e Ilaria Colbacchi, estetista certificata in oncoestetica. Il progetto è realizzato da Sics con il contributo non condizionante di Clovis Oncology.

Gli effetti collaterali della chemioterapia sono dovuti al fatto che i farmaci attaccano non solo le cellule tumorali, arrestandone la crescita, ma anche le cellule dell’organismo che si moltiplicano rapidamente, come le cellule del sangue, dei follicoli piliferi o della pelle.

“Circa il 60% delle donne che fanno uso di chemioterapici sviluppa alopecia, a volte associata a dermatiti del cuoio capelluto. Spesso emergono neurotossicità, che portano a dolori molto importanti”, spiega Elisa Picardo. “In questo contesto l’oncologia estetica assume un ruolo curativo, è un coadiuvante che permette di affrontare meglio le terapie”.

“Non mi sono mai sentita così bella”

Giovanna ha ricevuto una diagnosi di tumore ovarico l’estate scorsa e il mondo le è crollato addosso. Affidandosi ai medici e grazie al supporto psicologico di amici e familiari, è riuscita ad affrontare con coraggio il percorso di cure. “Ero così determinata nella mia battaglia che non mi sono neanche posta il problema della caduta dei capelli. Ho iniziato ad usare foulard e turbanti e poco a poco l’ho trasformato in un gioco, in un modo per divertirmi. Ho iniziato ad abbinare i turbanti ai vestiti e anche in casa ne ridevamo”. Giovanna Bianca ha iniziato a truccarsi proprio in questo periodo, a prendersi cura della propria pelle e del proprio corpo nel momento in cui tutto il resto vacillava. “Non mi sono mai sentita così bella come durante quest’anno, mi è sembrato di tornare ad avere 17 anni”.

L’oncoestetica ha proprio lo scopo di aiutare le donne a ritrovare la propria immagine e a riscoprire sé stesse. “Nasce come esigenza di umanizzare le cure”, dice Ilaria Colbacchi. “Interveniamo sugli effetti collaterali delle terapie da un punto di vista fisico, certo, ma anche emotivo e psicologico”.

Gli esperti di oncoestetica re-insegnano alla paziente a truccarsi (magari disegnando le sopracciglia, usando un trucco che si adatti al nuovo aspetto), a giocare con le parrucche, i foulard, gli accessori. Applicano degli smalti che mascherano i danni delle unghie e insegnano alle donne come coccolarsi, con dei massaggi delicati e delle creme lenitive per mani, piedi e corpo, al fine di ridurre la dermatite e alleviare il dolore. “Naturalmente interveniamo dopo aver consultato il medico, perché ogni trattamento deve essere sicuro”, precisa Colbacchi.

Si può agire anche sulle cicatrici che, nel caso del tumore ovarico, interessano una parte consistente dell’addome. “Esistono una serie di creme specifiche che aiutano a ridurre lo spessore della cicatrice”, dice Picardo. “Non sono interventi risolutivi, ma possono rivestire un ruolo importante anche da un punto di vista psicologico. Magari, dopo aver ridotto la cicatrice, molte donne che non si sarebbero mostrate in costume, ricominciano ad andare al mare o in piscina”.

Una persona, a 360 gradi

L’oncoestetica serve anche a questo: aiutare le donne a sentirsi nuovamente a proprio agio con il proprio corpo, al punto da ritrovare il piacere di fare cose che avevano smesso di fare. “Ricordo che alla fine dei nostri incontri le pazienti truccate, ben vestite, con il foulard in testa, dopo un massaggio rilassante, avevano di nuovo voglia di uscire con le amiche o andare a cena con il marito”, racconta Colbacchi.

Anche Giovanna ha vissuto un’esperienza simile. “Pensavo di essere anonima. Pensavo di essere addirittura brutta e disordinata”, dice. “Un giorno ci hanno fatto incontrare uno stilista, che ha disegnato dei turbanti da abbinare ai nostri vestiti. Le estetiste ci hanno truccate e io per un giorno, nel periodo più brutto della mia vita, mi sono sentita una diva. Ho capito che non c’era solo la malattia e che tante piccole cose potevano farmi vivere bene il cammino”.

Durante la pandemia, Acto Piemonte, in collaborazione con l’ Associazione RiDo – Ricerca per la Donna, ha aperto una fattoria sociale, chiamata il Ranch delle donne, in cui clinici e operatori cercano di ricreare un antico rapporto tra l’uomo e la natura. Di far riscoprire alle pazienti i suoni, i colori, i profumi della terra. “Abbiamo ideato un percorso dedicato alle pazienti, che comprende lezioni di yoga, percorsi nutrizionali, estetica oncologica e pet therapy”, racconta Picardo. “Credo che bisogna uscire dai soliti dogmi, che limitano il trattamento del paziente oncologico a intervento e chemioterapia, e che dobbiamo ricordarci che dietro il percorso c’è una persona, da supportare a 360 gradi”.

Tutto questo può infondere forza e fiducia nelle donne. “Avere un tumore non vuol dire che la vita sta per finire, non vuol dire rinunciare a vivere”, dice Giovanna. “La vita è bella e dobbiamo continuare a far parte del mondo, senza farci abbattere dalla paura dagli effetti della terapia. Dobbiamo guardare avanti”.

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