Alimentazione e tumore ovarico: mangiare “con i colori” e ascoltare sé stesse. I consigli di esperte e pazienti

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La settima puntata di Unica, Vivere con il tumore ovarico, ha come protagonista la nutrizione e il valore di un’alimentazione adeguata in tutte le fasi del percorso di cura delle pazienti. Sono intervenute Petra De Zanet, paziente e Presidente di Acto Triveneto, Serena Boccia, ginecologa-oncologa alla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e Silvia Galetti, endocrinologa specializzata in Scienze dell’Alimentazione al Policlinico di Modena. Il progetto è realizzato da Sics con il contributo non condizionante di Clovis Oncology.

Nel corso delle puntate precedenti abbiamo parlato di sessualità, di estetica, di psicologia. Tutti aspetti che interessano la vita quotidiana delle pazienti con tumore ovarico e di cui spesso non si parla abbastanza con il proprio medico. La nutrizione rientra nella quotidianità, svolge un ruolo fondamentale nella vita di tutti i giorni ed è particolarmente importante nelle donne con un tumore.

Un’alimentazione sana per tutti

“Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro redige periodicamente delle indicazioni per l’alimentazione dei pazienti con il cancro”, spiega la dott.ssa Galetti. “La prima regola riguarda il peso: si consiglia di raggiungere un peso salutare e poi di mantenerlo, evitando fluttuazioni”, dice Galetti. “Naturalmente poi si consiglia uno stile di vita attivo: se non si va in palestra o in piscina si consiglia comunque di fare le scale, di spostarsi a piedi, giocare con figli o nipoti, anche di andare a ballare, perché no”.

Per quanto riguarda l’alimentazione vince la dieta mediterranea, ricca di vitamine e sali minerali, molto bilanciata e ricca di alimenti salutari. “L’ideale sarebbe adottare una dieta ricca di cereali integrali, di frutta. Bene l’olio extravergine di oliva, e abbondare con gli acidi grassi Omega3 presenti nella frutta secca, nel pesce e in molti vegetali. La carne rossa (insaccati inclusi) si può consumare, ma non più di 500 grammi la settimana. E bisognerebbe ridurre al minimo (se non eliminare) il consumo di bevande zuccherate”. Il consumo di alcol andrebbe limitato al massimo e ancora meglio evitato, in quanto l’alcol è classificato come agente cancerogeno.

I colori dell’appetito

Si tratta di suggerimenti molto semplici, applicabili anche ai pazienti con storia di tumore per evitare eventuali recidive, e alla popolazione generale a scopo preventivo.

Queste regole generali valgono quindi per tutte le pazienti ma, ricordiamolo, ogni paziente è Unica e il rapporto di ogni paziente con il cibo è diverso, così come le esigenze nutrizionali (e sportive) di ogni donna con tumore ovarico.

Per Petra ad esempio, che ha ricevuto una diagnosi di tumore ovarico nel 2021, con le prime chemioterapie, i cibi hanno cambiato sapore. Il dolce è diventato amaro e la carne non le piaceva più. “Ho dovuto mettere da parte alcuni alimenti, come la carne o una fetta di torta, e allora li ho sostituiti con altri, come i legumi per esempio”.

Dopo la radioterapia localizzata alla zona del collo, poi, i sapori sono scomparsi del tutto e per un periodo la paziente ha perso il gusto del mangiare. Sapeva di dover mangiare e di dover essere in forze per affrontare la malattia. Quindi ha escogitato una strategia tutta sua per farsi tornare l’appetito: invece dell’olfatto e il gusto ha usato la vista. “Osservavo i colori degli alimenti e mi lasciavo ispirare da quelli. Il rosso, il giallo, il verde.. mi sono accorta che erano straordinari e piano piano nel guardarli mi è tornato l’appetito, mi veniva proprio l’acquolina in bocca!”

La dieta giusta al paziente giusto… al momento giusto

Tante strategie diverse che possono variare anche in base al setting terapeutico. A ogni fase del percorso, infatti, bisogna abbinare un regime dietetico appropriato, come spiega Boccia.

“Il tumore ovarico è particolare: non interessa solo la parte genitale ma molto spesso anche la parte alta dell’addome. Questo perché purtroppo nell’80% dei casi la diagnosi viene fatta quando il tumore è in stadio avanzato e ha avuto il tempo e lo spazio per riprodursi indisturbato diffondendosi negli organi vicini. I noduli si diffondono e si appoggiano agli organi interni, soprattutto alle anse dell’intestino, rallentando la motilità intestinale, provocando sintomi come difficoltà digestiva, sazietà precoce, gonfiore. Ma anche stipsi che  può provocare vomito, nausea postprandiale”.

In questa fase le pazienti, oltre a iniziare un percorso di cura per il tumore, devono anche essere informate su come alimentarsi. “Il consiglio in genere è di fare pasti piccoli e frequenti, di non bere mai durante i pasti e di non mangiare frutta e verdura, che sono cibi che fermentano quindi producono gas che ovviamente peggiorano i sintomi”, continua Boccia. “Comunque la chemioterapia migliora questi primi sintomi digestivi delle pazienti anche in poche settimane”.

E continua: “Un altro aspetto a cui fare attenzione è il rischio di malnutrizione, molto spesso provocata dalla neoplasia stessa. Un alto carico di malattia può provocare uno stato di cachessia nella paziente, non solo nelle fasi terminali ma anche alla diagnosi. Questo stato di malnutrizione va assolutamente contrastato perché può inficiare molto la qualità di vita della paziente, aumenta la tossicità dei trattamenti e il rischio di infezioni”.

Interventi personalizzati

Purtroppo, anche i trattamenti per il tumore ovarico hanno un impatto sulla nutrizione. “Quella del tumore ovarico è spesso una chirurgia molto impegnativa, può essere davvero molto demolitiva e portare a resezioni intestinali multiple”, dice Boccia. “In alcuni casi questo può comportare la necessità di stomie, aperture creata chirurgicamente sull’addome per veicolare il passaggio del contenuto intestinale all’esterno. Possono essere transitorie, ma anche in questo caso persistono dalle 4 alle 8 settimane”. In questo periodo le pazienti devono essere guidate verso una giusta alimentazione.

“Prima di tutto bisogna evitare il digiuno, che favorisce la formazione di gas. Poi si consiglia di mangiare riso, patate e banane, miele, per rendere il contenuto delle sacche meno liquido. Bisogna evitare le bibite gasate e alcuni alimenti che producono odori particolari”.

Come accennato da Petra, anche la chemioterapia provoca effetti collaterali importanti a livello di apparato gastro-intestinale. “La chemioterapia citotossica classica colpisce tutte le cellule che si riproducono molto velocemente. Questa è una caratteristica delle cellule tumorali ma anche di alcune cellule dell’organismo, come quelle del tratto digestivo. Per questo dopo la chemioterapie si possono verificare stomatiti, alterazioni del gusto o perdita del gusto, gastriti, nausea, vomito, diarrea. In queste fasi bisogna individuare l’effetto collaterale e intervenire in modo specifico su questo”.

Alcune pazienti sentono un sapore metallico nei cibi, che possono ridurre con acqua e limone, acqua e menta, caramelle, non usando le posate di metallo.

In caso di stomatiti si dovrebbero evitare cibi speziati, grissini, cracker, tutte cose che possono irritare la mucosa orale, e bisognerebbe mangiare cibi a temperatura ambiente, magari frullati. “Non va poi mai sottovalutato il tono dell’umore, che influisce sul modo in cui la paziente affronta la malattia, le terapie e gli effetti collaterali. Per questo è consigliabile mangiare in compagnia, distrarsi, dedicarsi a piccole cose come apparecchiare bene la tavola”.

Conosci te stessa

In ogni caso, è importante discutere ogni nuovo regime con il medico e non affidarsi a fonti meno attendibili. “Molti pazienti sentono dire che gli zuccheri possono fare male e andrebbero completamente evitati, per esempio”, dice Boccia. “In realtà non assumere zuccheri può fare male, quindi bisogna prediligere una dieta varia, senza privarsi di nessun nutriente”. Anche gli integratori e le vitamine non sono consigliati, a meno che non venga osservata una carenza specifica. “È vero invece che il ginseng può essere un buon rimedio contro la stanchezza indotta dalla chemioterapia”, aggiunge Boccia.

Petra riconosce tutte le difficoltà elencate dalla dottoressa e, fin dalla diagnosi ha adottato un approccio sano, che per lei ha funzionato bene, nel modo di nutrirsi. “Da quando ho scoperto di avere un tumore ovarico e ho iniziato il percorso di cura, ho modificato completamente la mia alimentazione e continuo a farlo anche ora, in base alle esigenze del mio corpo. Ho imparato ad ascoltarmi, a rinunciare ai cibi che non digerisco, a distinguere quelli che mi fanno bene da quelli che non mi fanno bene. E in questo mio percorso non ho mai avuto nessun problema di variazioni di peso. Ho cercato anche di abbinare alla dieta un leggero esercizio fisico, molto più moderato a quanto ero abituata, ma mi ha aiutato”.

Petra è riuscita con forza e determinazione e con un grande equilibrio psicologico ad affrontare al meglio il percorso di cura. Ma esistono anche delle strutture che possono accompagnare la paziente in questo percorso. Al policlinico di Modena, ad esempio, è stato istituito l’ambulatorio SAFE (Stile di vita, Attività Fisica ed Educazione alimentare), che accoglie pazienti con tumore della mammella, dell’endometrio, dell’ovaio o con adenocarcinomi prostatici e fornisce loro le indicazioni per una giusta alimentazione. “Facciamo una sorta di fotografia delle abitudini alimentari del paziente in quel momento, della sua situazione metabolica e valutiamo la presenza di eventuali carenze. E in base a tutti i dati raccolti stiliamo una dieta personalizzata”, dice Galetti. “Il percorso in genere inizia nel momento in cui i pazienti sono in terapia di mantenimento e dura all’incirca un anno, con un appuntamento ogni tre mesi”.

“Questo lavoro porta una grande soddisfazione, sia per noi sia per i pazienti, perché interveniamo su un aspetto importante della loro vita e forniamo loro delle informazioni su questioni che a volte vengono lasciate all’autoformazione e che spesso vengono raccolte da fonti non appropriate, che forniscono indicazioni non validate scientificamente”.

Sia tra le mura della propria casa, supportate da familiari e amici, sia accompagnate da strutture specializzate come quella di Modena, il consiglio che Petra e le specialiste offrono alle pazienti è di ascoltarsi, di dare spazio alle proprie esigenze, anche nutrizionali, e di trovare la forza di cambiare le proprie abitudini. Sempre seguendo le indicazioni mediche.

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