Alimentazione: in Italia più frutta e verdura, in Cina più carne

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Cambiano le abitudini alimentari del mondo. In Italia aumenta il consumo di frutta e verdura mentre in Cina aumenta quello di carne. Sono le nuove tendenze alimentari  riscontrate da uno studio internazionale guidato dall’Università del Kent e dall’Imperial College di Londra, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Food.

Dopo Spagna e Grecia l’Italia è il terzo Paese dell’Europa occidentale che fa un maggior uso di verdura ed è una delle nazioni del continente che ha un minore consumo di alimenti di origine animale e di zuccheri. Se da una parte Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia hanno diminuito il consumo di questi due prodotti, ad aumentarli è invece l’Estremo Oriente, con Cina, Corea del Sud e Taiwan che hanno modificato così le loro diete.

I ricercatori dell’Università del Kent e dell’Imperial College hanno scattato una fotografia di 171 nazioni del mondo che ha analizzato mezzo secolo (dagli anni Sessanta al 2010) di abitudini alimentari partendo però dai dati di importazioni, di esportazioni, della produzione interna, delle quantità di rifiuti e delle riserve produttive.

A questo lavoro ha partecipato anche un’italiana: si tratta di Mariachiara Di Cesare, docente di Salute pubblica della Middlesex University. In America del Sud e in quella centrale un maggior cambiamento della variabilità alimentare si è registrata in Brasile e in Messico, con l’Argentina che, invece, ha mantenuto pressoché stabili le proprie abitudini. In Europa i maggiori cambiamenti si sono notati nei Paesi del Sud (oltre all’Italia, anche in Portogallo, Spagna e Grecia) e dell’ex area sovietica: oltre alla Russia, si notano modifiche in Lettonia, Ucraina e Bielorussia.

La regione dell’Africa sub-sahariana ha mostrato il minimo cambiamento, con una mancanza di approvvigionamento alimentare diversificato. “Il problema dell’Africa è la mancanza della varietà alimentare: la sua dieta si basa completamente su prodotti di origine amidacea e questo porta a una doppia realtà, sia di sottonutriti sia di persone obese”, spiega Di Cesare. Secondo James Bentham, docente di statistica all’Università del Kent, questa analisi fa notare “chiari cambiamenti nell’offerta alimentare globale” con tendenze che “possono essere responsabili di forti miglioramenti nella nutrizione in alcune parti del mondo. Tuttavia, l’obesità rimane una preoccupazione a lungo termine”.

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