Aperitivi digitali e delivery: +250% di alcol a casa

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Trascinato da aperitivi digitali, consegne a domicilio e stress da pandemia, “l’approvvigionamento delle bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown”. Anzi, la pandemia ha cambiato “le abitudini degli italiani” e il mercato si è subito adeguato, rafforzando “nuovi canali alternativi e anche meno controllati relativamente al divieto di vendita a minori”. Tanto che, con l’aumento dei consumi domestici, “gli acquisti su canali online di e-commerce per il settore delle bevande alcoliche si stima abbiano conosciuto un’impennata nel 2020 tra il 181 e il 250% nell’home delivery”. A metterlo in luce sono i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) alla vigilia dell’Alchool Prevention Day che si celebra il 14 maggio.

“Nel corso del 2020 si è registrato un incremento al 23,6% per i maschi e al 9,7% per le femmine di coloro che consumano alcol a rischio”. L’isolamento, spiega l’Iss, ha portato a “un incremento di consumo incontrollato, anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa più fragile dalla pandemia”. Relativamente al 2020, secondo un dato dell’analisi preliminare per l’anno del lockdown “a preoccupare in particolar modo è l’aumento delle giovani consumatrici a rischio, le 14-17enni, che superano per numerosità, per la prima volta, i loro coetanei maschi”.

E questo in un quadro complessivo d’incremento del consumo sbagliato di alcol tra le donne di tutte le età e di un incremento tra gli uomini nella fascia 35-60 anni. D’altro canto, i servizi di alcologia a causa delle chiusure obbligate, precisa l’Iss, sono andati incontro a molte difficoltà “prima, durante e dopo i lockdown per la scarsità delle risorse a disposizione, per la quantità di richieste inevase a causa delle restrizioni anti-Covid-19 e per l’impreparazione relativa a soluzioni digitali, solo tardivamente introdotte”.

Tuttavia, la preoccupazione per un consumo errato di alcol è ormai una costante da anni a questa parte. I dati pre-Covid, invece, a cui si riferisce il nuovo Rapporto Istisan e la Relazione annuale del ministro della Salute trasmessa a maggio 2021 al Parlamento, evidenziano, infatti, che nel 2019 in Italia sono stati più di 36 milioni coloro che hanno consumato alcolici, pari al 77,8% degli italiani sopra gli 11 anni e al 56,5% delle italiane, per le quali si conferma un trend in crescita dal 2014. Ma soprattutto sono stati 3,8 milioni, nel 2019, i binge drinker che hanno avuto almeno un’abbuffata alcolica, tra i quali anche 830.000 giovanissimi 11-25enni. Sono state, invece, circa 8,2 milioni le persone che hanno fatto un consumo quotidiano rischioso, in leggero calo rispetto al 2018.

Le fasce di popolazione con consumatori più a rischio, per frequenza e quantità è, per entrambi i generi, quella costituita da 750.000 minorenni, prevalentemente 16-17enni, seguita da oltre 2,7 milioni di anziani ultra-65enni. Alla luce dei dati, spiega Emanuele Scafato, direttore del Centro Oms per la ricerca sull’alcol e dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Iss, “il day after della pandemia deve potersi connotare per attivazione di risorse e strategie che mirino a nuovi modelli d’intercettazione dei rischi da alcol, favorendo la formazione del personale sanitario e attivando nuove forme di prevenzione, anche attraverso un rinnovato Piano Nazionale Alcol”.

di Livia Parisi

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