Parto sicuro anche con patologie cardiache. Ecco le linee guida

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(Reuters Health) – Le nuove linee guida della American Heart Association sono il primo documento che traccia una vera e propria tabella di marcia sul tema della gravidanza in donne portatrici di gravi difetti cardiaci congeniti, Difetti vascolari, valvole incontinenti e soluzioni di continuo del tessuto cardiaco, sono tra i più comuni tipi di difetti presenti alla nascita, che possono provocare sintomi come anomalie del ritmo cardiaco e difficoltà respiratorie e possono richiedere un intervento chirurgico o, nei casi più complessi, un trapianto di cuore. La maggior parte delle ragazze che nascono oggi con una malattia cardiaca congenita raggiunge l’età fertile senza gravi problemi. Tuttavia la gravidanza può comportare un rischio di complicazioni aggiuntive, sia per le donne, sia per i loro figli. Inoltre, i cambiamenti ormonali che si verificano durante la gravidanza possono anche aumentare il rischio di aritmie e di alterazioni della coagulazione del sangue.

Le indicazioni delle linee guida
E’ essenziale per le donne con difetti cardiaci congeniti complessi ricorrere a un’attenta consulenza pre-gravidanza in modo che abbiano una chiara visione di come le loro anomalie cardiache potrebbero influenzare sia la loro salute, sia quella dei loro figli. Uno screening genetico prima del concepimento può aiutare a stimare le probabilità di trasmettere i propri difetti cardiaci ai figli. Risulta fondamentale anche la pianificazione del parto, in modo che il team medico possa essere in grado di anticipare i problemi che potrebbero accadere durante e dopo il parto e possa essere preparato a queste evenienze. Idealmente, queste donne dovrebbero partorire in centri medici che hanno un cardiologo esperto nella gestione delle cardiopatie congenite, ostetrici formati nella medicina d’emergenza nel ischio materno-fetale e nell’anestesia delle cardiopatie, e un team specializzato nella cardiochirurgia. Dopo il parto, le donne hanno bisogno di un monitoraggio attento per un massimo di sei mesi poiché alcune complicanze potrebbero presentarsi nell’arco di questo periodo.

Fonte: Circulation 2017

Lisa Rapaport

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)

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