Vitamina D e cuore. Livelli sierici troppo bassi aumentano il rischio d’insufficienza cardiaca

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vitamina DUn numero sempre maggiore di evidenze indica che bassi livelli di vitamina D possono essere associati ad un rischio aumentato di malattie cardiovascolari fatali e non. Ciò nonostante, poco si sa circa il collegamento tra livelli di quello che è considerato un vero e proprio ormone e l’insufficienza cardiaca.

Si tratta della condizione in cui il cuore non è in grado di pompare quantità di sangue sufficienti per far fronte alle necessità dell’organismo; la conseguenza è una carenza di ossigeno negli organi che reagiscono accumulando acqua e sodio nei tessuti. Nota anche con il termine di “scompenso cardiaco”, è la prima causa di ricovero ospedaliero negli over 65. In Italia questa condizione interessa circa 600 mila persone e la frequenza raddoppia ogni 10 anni in più d’età. Affanno, stanchezza, gonfiore (edema) degli arti sono i sintomi più tipici.

Lo studio
I ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli si sono proposti di indagare questa associazione in un’ampia coorte di adulti italiani. Ben 18.797 sono stati i soggetti adulti sani di età superiore a 35 anni (49% maschi) reclutati casualmente dalla popolazione generale nell’ambito dello studio epidemiologico noto con l’acronimo “MOLI-SANI”. Durante il reclutamento, ai partecipanti sono stati somministrati questionari anamnestici e alimentari, effettuati prelievi di sangue e test diagnostici (ECG, Spirometrie). I livelli di vitamina D sierica sono stati misurati presso il laboratorio centrale del progetto europeo BiomarCaRe.

La coorte è stata seguita per un periodo di 7,5 anni (sino al dicembre 2013) e i livelli di vitamina sono stati categorizzati in normale (≥30 ng/mL), ipovitaminosi (10-30 ng/mL) e carenza di vitamina D. Durante il periodo di follow-up, attraverso le schede di dimissione ospedaliera, sono stati registrati 592 eventi di insufficienza cardiaca con un incidenza rispettivamente dell’1,7%, 3,2% e 5,4% nei tre gruppi Dopo un’analisi multivariata, che ha permesso di escludere eventuali confondenti, gli individui con un livello di vitamina D inferiori a 10ng/mL mostravano un aumento del rischio di scompenso cardiaco di 1,59 volte rispetto a quelli con livelli normali.

“Questi risultati – spiega Franco Romeo – direttore cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma – contribuiscono a delineare meglio un possibile ruolo della carenza di vitamina D nell’insorgenza di eventi cardiovascolari. Un maggiore approfondimento in questo ambito, potrà portare a nuove strategie di prevenzione”.

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