Reportage/ Erbe medicali. Come e quando usarle

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Per la terapia medica antica, la conoscenza delle piante e delle loro virtù era fondamentale in quanto corrispondeva all’unica soluzione possibile per la cura delle malattie. Oggi vi è una ripresa dell’uso delle cure naturali, ma spesso regna la disinformazione. “Sono chiamate ‘officinali’ tutte le erbe – specie annuali o perenni, le cui parti aeree sono sempre verdi e di consistenza non legnosa – e le piante (alberi e arbusti) un tempo impiegate nelle ‘officine’, ovvero negli antichi laboratori farmaceutici degli speziali”, spiega con precisione il dottor Pierluigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’alimentazione, in Igiene e medicina preventiva e docente di Scienza dell’alimentazione presso l’Università di Bologna. “Questi artigiani conoscevano le tecniche di lavorazione delle piante, le procedure di preparazione e di conservazione e se ne servivano per realizzare rimedi medicamentosiprodotti cosmetici e profumi – aggiunge l’esperto – Oggi le ‘erbe e le piante officinali’ sono utilizzate per preservare la salute e il benessere di uomini e animali e possono essere impiegate tali e quali in cucina, come spezie per aromatizzare i cibi, nella preparazione di tisane, oppure lavorate con procedure chimiche, nella produzione di liquori o integratori alimentari e anche detergenti per la casa”.

Dalla tintura madre all’unguento
La prima realizzazione di una 
molecola in laboratorio ha segnato la nascita della farmacologia moderna. La molecola che ha un’attività biologica “terapeutica”, nel caso dei farmaci, costituisce il cosidetto “principio attivo”. “Per ogni erba o pianta officinale, la parte utilizzata (foglie, fiori, semi, corteccia, radici ecc.) è chiamata ‘droga. La droga contiene il ‘fitocomplesso cioè l’insieme dei principi attivi che caratterizzano le proprietà del vegetale, e non riproducibili per sintesi chimica”, spiega Rossi.
I prodotti fitoterapici si trovano nelle erboristerie e nelle parafarmacie in diverse formulazioni. Per esempio, si può acquistare la tintura madre, cioè un prodotto liquido ottenuto da un’estrazione, tramite alcol, del fitocomplesso dalla pianta medicale (foglie , radici o fiori), che si assume in gocce disciolte in acqua per favorire un rapido assorbimento. Vi sono poi gli estratti secchi venduti in forma di capsule o di polvere o sminuzzati e che si usano per preparare degli infusi (tisane) con l’aggiunta di acqua calda. Di alcuni fitocomplessi sono disponibili anche gli oleoliti ottenuti dalla macerazione di una o più parti della pianta medicale in olio vegetale che si prestano anche alle preparazioni casalinghe. Sono ottimi per carpire tutte le sostanze attive, sono ideali come olii da massaggio o come ingredienti per unguenti e creme per corpo e viso. Infine, dalle piante medicali si possono estrarre anche essenze utilizzate nell’aromaterapia o per realizzare deodoranti e persino detergenti per la persona e per la casa.

I fitoterapici ‘dimagranti’
Nelle erboristerie si trovano in abbondanza fitoterapici, in forma di capsule, in tintura madre o in polvere, che promettono una perdita di peso sana, rapida e senza troppi sacrifici e vengono riuniti nel grande gruppo degli ‘integratori alimentari’. A questo proposito una volta per tutte è bene sapere che: “L’assunzione dei rimedi naturali allo scopo di perdere peso è complementare e non alternativa a un corretto approccio alimentare in grado di riequilibrare il peso e alla pratica di una regolare e costante attività fisica, da realizzare sotto il controllo di un nutrizionista qualificato. Se così non fosse, le possibilità di dimagrire in modo sano – cioè perdere la massa grassa e non quella magra – efficace e duraturo sarebbero prossime allo zero”, puntualizza con enfasi Rossi. Le categorie di erbe coadiuvanti, in un trattamento che mira alla perdita di peso, sono essenzialmente quattro: le droghe diuretiche, le droghe stimolanti, le droghe ricche di fibre e mucillagini e quelle acceleranti il metabolismo. Eccone alcune tra le più diffuse.


Equiseto. La droga vanta un’azione diuretica, grazie alla presenza di flavonoidi, potenziati nella loro azione dai sali minerali, che rendono la pianta particolarmente indicata in caso di gonfiori dovuti a ritenzione idrica, cellulite e cistite (infiammazione della vescica urinaria).


Guaranà. La droga si ricava dai semi, del frutto della Paullinia Capuana, un arbusto rampicante spontaneo o coltivato nel bacino settentrionale del Rio delle Amazzoni. Dalla macinazione dei semi, che contengono una notevole percentuale di caffeina, si ricava con l’aggiunta di acqua, una bevanda con spiccate proprietà stimolanti e tonificanti. Attenzione però a non berne troppa: l’uso non controllato della bevanda può provocare euforia, eccitazione, aumento della frequenza cardiaca, ipersecrezione gastrica, pur vantando un’azione di aumento dell’ossidazione dei substrati energetici (zuccheri e grassi).


Fucus (Fucus vesiculosus). Anche noto come quercia marina o ‘kelp’, è un’alga ricca di iodio. I suoi effetti nel dimagrimento sono legati allo stimolo dell’attività tiroidea e all’innalzamento del metabolismo basale. Assunto in forma di tintura madre, il fucus funziona, ma con il rischio, data l’azione che ha sulla tiroide, di peggiorare la qualità del sonno, provocare tachicardia e ipertensione e aumentare ansia e agitazione, tutti effetti indesiderati specie in chi è già ansioso per la dieta.


Rodiola (Rhodiola rosea). E’ un fitoterapico usato nelle diete dimagranti per il suo effetto di stimolo della lipolisi (distruzione dei grassi) e perché contrasta gli attacchi di fame nervosa.

Tante piante per tanti disturbi

Artiglio del diavolo. E’ una pianta impiegata da secoli nella medicina tradizionale dei popoli sud-africani per la cura di vari problemi del sistema osteoarticolare. I principi attivi contenuti nella radice della pianta sono i responsabili degli effetti analgesici e antipiretici. Infatti, l’unguento che se ne ricava si è dimostrato efficace in caso di dolore e infiammazione in caso di tendiniti, osteoatrite, artrite reumatoide, mal di schiena, mal di testa da artrosi cervicale e contusioni. E’ però controindicato l’uso nei diabetici e sconsigliato a chi assume anticoagulanti; non va somministrato in gravidanza poiché può stimolare le contrazioni uterine.

Ginseng. Le proprietà curative della pianta di ginseng rivelano attività energizzanti e adattogene, favorendo la capacità dell’organismo di adattarsi allo stress, rafforzando il sistema immunitario, endocrino e nervoso e migliorando le performance fisiche e mentali. La medicina tradizionale cinese assegna agli estratti delle radici della pianta del ginseng il massimo potere afrodisiaco. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che il ginseng influenza l’asse ipotalamo-ipofisi aumentando il rilascio di ACTH (adrenocorticotropina), un ormone che favorisce la vasodilatazione dei corpi cavernosi del pene, permettendo di ottenere un’erezione più vigorosa.

Iperico o erba di San Giovanni (Hypericum perforatum). Le proprietà terapeutiche dei fiori dell’iperico sono dovute al suo fitocomplesso rappresentato essenzialmente da flavonoidi: ipericina, rutina, quercetina e moltissimi altri in quantità minime. Queste sostanze sono dotate di una notevole azione antidepressiva sedativa, azioni benefiche che si ottengono dall’estratto secco o dalla tintura madre. L’ipericina, in particolare, inibisce la disattivazione di vari mediatori del sistema nervoso centrale e aumenta la secrezione notturna di melatonina, alleviando i problemi dell’insonnia. La droga è inoltre in grado di aumentare i livelli di serotonina, in modo simile a certi farmaci antidepressivi, riequilibrando il tono dell’umore. Durante il periodo di assunzione, però, è bene evitare l’esposizione al sole e/o a lampade abbronzanti, poiché il trattamento ha un effetto fotosensibilizzante. Inoltre, la droga diminuisce l’effetto dei farmaci anticoagulanti e dei contraccettivi orali e potenzia gli effetti degli antidepressivi di sintesi. Non si deve assumere in gravidanza e allattamento. 

Biancospino. E’ conosciuto come la ‘pianta del cuore’. Le foglie e i fiori contengono una miscela di diversi flavonoidi, potenti antiossidanti e ‘spazzini’ dei radicali liberi, utili nella prevenzione di malattie cardiovascolari e per combattere il colesterolo cattivo. È sconsigliato in caso di pressione bassa e quando si assumono ipotensivi di sintesi, prima di prenderlo, quindi, è sempre bene consultare il medico.

Calendula officinalis. I principi attivi del fitocomplesso sono contenuti nei petali del fiore e nel polline. Vi sono carotenoidi e altri antiossidanti naturali come quelli del colore giallo-arancio caratteristico dei petali. Le foglie contengono la luteina (80%) la zeaxantina (5%) e il beta-carotene. Gli estratti sono largamente impiegati in ambito cosmetico per la cura della pelle. In conclusione si può dire che le proprietà curative delle piante possono essere innumerevoli. Tuttavia non sempre ciò che è naturale è anche sicuramente salutare. Anzi, a volte le molecole di sintesi chimica hanno meno effetti collaterali perché agiscono selettivamente laddove devono, mentre le molecole naturali non sono state “create” apposta per agire su una specifica parte del corpo, quindi potrebbero interagire con più sistemi. Dunque, non è lecito pensare che un solo estratto vegetale possa curare tutti e qualsiasi problema di salute. Ci vuole sempre esperienza e abilità nelle preparazioni ed è sempre meglio consultare il medico.

Oleolito “della casa”. Alcuni rimedi fitoterapici, come gli oleoliti, si prestano alla preparazione casalinga. Bastano dell’olio vegetale, un barattolo di vetro e la pianta (foglie, fiori, buccia, radici, frutti, bacche, resine…) da cui estrarre i principi attivi. La pianta – o le parti della stessa – andrebbe colta fresca nella fase del suo massimo sviluppo, ma si può usare anche una droga secca, ovviando così anche al problema dell’acqua presente nelle piante fresche che può dare problemi di irrancidimento. Si possono usare tutti gli oli vegetali. Il metodo più semplice è quello ‘a freddo’ che si fa tenendo il vaso, con la droga e l’olio, coperto al buio in luogo fresco per 30-40 giorni. In questo periodo, 2 o 3 volte a settimana, bisogna agitare il barattolo o girare il composto con un cucchiaio pulito, poi si filtra il tutto e si lascia riposare l’olio ottenuto per altri 2 o 3 giorni, permettendo il deposito sul fondo di ulteriori impurità che si eliminano con una seconda filtrazione. L’oleolito così preparato va conservato al fresco e al buio in bottiglie scure e ben chiuse.

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