Tumore ovarico e sessualità: un binomio possibile

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Negli ultimi anni la sopravvivenza delle donne affette da tumore ovarico è aumentata, al punto che il cancro può essere considerato una malattia cronica con cui la paziente impara a convivere. Un bel traguardo che però comporta nuove sfide. Dopo aver affrontato la paura, lo sconforto, lo stigma, dopo essersi sottoposte a terapie che possono avere effetti collaterali invalidanti e psicologicamente provanti – e anche mentre vivono questo difficile percorso – le pazienti si trovano a fare i conti con una vita stravolta, dal punto di vista familiare, relazionale, lavorativo, nel rapporto con sé stesse e con gli altri. Allora la sfida sta nel ritrovare il proprio benessere, ricominciare a vivere davvero oltre e nonostante la malattia. In questa nuova puntata di Unica, Vivere con il tumore ovarico, viene trattato un aspetto fondamentale eppure spesso trascurato da medici e pazienti per imbarazzo o vergogna: la vita sessuale.

Intervengono Daniela Spampinato, paziente e Presidente di Acto Sicilia, la dottoressa Roberta Rossi, psicoterapeuta e sessuologa dell’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma e la dottoressa Maria Cristina Petrella, oncologa dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze. Il format è realizzato da Sics, con il contributo non condizionante di Clovis Oncology.

In una precedente puntata di Unica (la quinta) abbiamo discusso gli effetti collaterali, in particolare estetici, della chemioterapia e abbiamo parlato di come affrontarli. In realtà tutte le strategie terapeutiche per trattare il tumore ovarico comportano degli effetti collaterali più o meno impattanti e alcuni riguardano proprio la sfera sessuale. “L’intervento chirurgico è uno dei cardini del trattamento di questa malattia”, spiega Petrella. “Nel corso dell’operazione viene rimosso l’apparato ginecologico della donna e questo causa importanti conseguenze non solo dal punto di vista fisiologico ma anche psicologico, in particolare nel modo in cui la donna vive la propria sessualità”. L’intervento, per quanto salvavita, comporta una mutilazione degli organi riproduttivi e vengono quindi intaccate la sfera della maternità e della sessualità. Inoltre, continua la dottoressa, la radioterapia – un altro trattamento che accompagna la chirurgia – può portare a secchezza vaginale, bruciore e cistiti ricorrenti. La chemioterapia, altro trattamento fondamentale, causa una profonda stanchezza e modifica l’aspetto della donna, il suo modo di guardarsi allo specchio, va a colpire la sua femminilità.

“Nelle pazienti più giovani poi c’è anche un altro fattore. Per procedere ai trattamenti dobbiamo portarle in una condizione di menopausa forzata, che causa vampate, secchezza vaginale e riduzione della libido”.

Ho io il comando

Essere private delle ovaie, perdere i capelli, sentirsi stanche e percepire che la propria libido viene meno vuol dire lasciare andare una parte di sé: è come “perdere un pezzo di anima”, dice Daniela. “La mia storia inizia nel 2017, quando la diagnosi di tumore ovarico ha cambiato la mia vita”, racconta. “I primi tempi io e mio marito non riuscivamo neanche a chiamarlo con il suo nome, il tumore. Dopo cinque mesi dalla fine del primo ciclo di chemioterapia, quando pensavo di avercela fatta, la malattia è tornata e da allora non mi ha mai più abbandonata. Non è un percorso semplice, né fisicamente né psicologicamente. Però nel tempo ho imparato che si può lottare e si può convivere con il tumore. Ho imparato che sono io ad avere il comando e il controllo della mia vita, anche quando sto male”.

La paura primaria è quella di non sopravvivere, poi, quando si inizia a convivere con la malattia, bisogna fare i conti con tutto il resto. “La paziente deve prima di tutto rinegoziare il rapporto con sé stessa e con il proprio corpo, poi deve fare i conti con gli aspetti relazionali, con le nuove dinamiche che si sono instaurate all’interno della coppia”, spiega la dott.ssa Rossi. “Dopo la diagnosi molto spesso i ruoli nella coppia cambiano: i partner non sono più moglie e marito, compagna e compagno, ma diventano donna malata e uomo che accudisce”. Questo fenomeno è in parte naturale, ma ovviamente esercita un impatto negativo sulla relazione e sulla vita sessuale.

E poi c’è il dolore, e poi c’è la paura, e poi c’è la vergogna. “Le prime volte in cui torni ad avvicinarti al tuo compagno molto spesso provi dolore, un dolore che è una sorpresa sgradevole a cui nessuno ti ha preparata”, continua Daniela. “E allora inizi ad avere paura di provare dolore, paura di mettere a disagio il tuo partner e lui ha paura di accostarsi a te”.

Chiedere senza vergogna

Molto spesso le pazienti di fronte a questi sintomi provano vergogna e non si rivolgono al proprio medico. Un pensiero comune può essere: “Sto lottando per sopravvivere, sto combattendo un tumore, come posso preoccuparmi di queste cose?” E invece no: “dobbiamo riprenderci la nostra vita, tornare a ricercare una certa qualità di vita, proprio perché stiamo impiegando tantissime energie nel curarci”, dice Daniela. A volte bastano dei suggerimenti semplici, un incoraggiamento, una rassicurazione da parte di uno specialista. “La mia psicologa, per esempio”, conclude la paziente, “mi ha consigliato di ‘tornare giovane’, di ricominciare dalle prime carezze, in modo dolce, lento, di ritrovare la sintonia e la complicità, un passo alla volta”.

La dott.ssa Rossi sottolinea anche alcune piccole accortezze che possono aiutare la coppia a ritrovare l’intimità come “fare attenzione alle posizioni, in particolare scegliere quelle che provocano meno dolore nella donna e cercare il momento giusto della giornata per avere un rapporto, le ore in cui la paziente è più attiva e meno stanca”.

Si può intervenire sulla vita sessuale anche dal punto di vista più strettamente clinico, come spiega Petrella. “Le pazienti vanno informate da subito su tutto ciò che riguarda la sfera sessuale. Dopo aver affrontato con loro la questione noi oncologi, che siamo il loro punto di riferimento, dobbiamo affiancarci a figure specializzate, appunto lo psicologo e il sessuologo. A questo scopo nella nostra struttura abbiamo creato un ambulatorio dedicato”.

Petrella spiega che per migliorare la lubrificazione possono essere usate creme od ovuli, si può fare ricorso a fisioterapia, agopuntura o a laser, un trattamento che favorisce il recupero del trofismo vaginale. “Non bisogna poi dimenticare che abbiamo a che fare con un muscolo che va ‘esercitato’. In alcuni casi viene prescritto anche l’uso di vibratori propor per favorire l’elasticità muscolare”.

Le pazienti devono chiedere, senza vergogna, ma è dovere del medico informare e saper trattare queste problematiche come tratta gli altri sintomi. “Bisogna agire sui sintomi inerenti alla sfera sessuale tempestivamente e trattarli come si trattano tutti gli altri effetti collaterali dei trattamenti oncologici”.

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